2011

  • Giulia Caglio

    Giulia Caglio, nata a Roma il 18 settembre del 1987, ha conseguito nel 2009 la laurea in Biotecnologie all’università la Sapienza di Roma con tesi riguardante la sintesi peptidica non ribosomiale. Nel 2009 ha cominciato il corso magistrale di Biotecnologie Genomiche. Nel 2011 ha vinto la borsa di studio Sergio Lombroso per svolgere la tesi di laurea presso il Weizmann Institute of Science ospitata dal team del Professor Tsvee Lapidot.

    Progetto di Ricerca

    Il progetto di ricerca, della durata di un anno presso il laboratorio del Professor Tsvee Lapidot, si focalizzerà sull’influenza del sistema nervoso sulla migrazione e lo sviluppo delle cellule staminali ematopoietiche. Lo studio si concentrerà sulla mobilitazione delle cellule staminali ematopoietiche. Questo fenomeno, anche se ancora non del tutto compreso, è alla base non solo delle moderne tecniche di trapianto di midollo, con la sua induzione, ma anche dell’equilibrio del sistema ematopoietico. Durante lo stato stazionario si è infatti potuta rilevare la presenza di cellule staminali ematopoietiche nel flusso sanguigno, in basse concentrazioni e, anche se non si conosce ancora la funzione, sembra essere un fenomeno di estrema importanza per l’omeostasi del sistema ematopoietico.

    In questo ambito si inserisce la ricerca riguardante la mobilitazione indotta dall’ormone Corticosterone, l’omologo in topo dell’umano Cortisolo. Questo ormone, conosciuto come ormone dello stress, fase in cui è presente all’interno dell’organismo in alte concentrazioni, è però anche rilasciato, a concentrazioni minori, in modo circadiano, dettato dai cicli di luce e buio, e si ipotizza possa essere coinvolto sia in una proliferazione provocata da stress, che nel mantenimento dell’equilibrio proliferazione-differenziamento dell’omeostasi ematopoietica.

    Studi in vivo e in vitro su topo avranno lo scopo di elucidare la funzione dell’ormone e il pathway su cui agisce, con una particolare attenzione al recettore cellulare Notch, implicato nella proliferazione cellulare, che sembra essere regolato in maniera dose dipendente dall’ormone Corticosterone, durante le diverse fasi della luce e del buio.

    Studi di questo tipo portano al miglioramento delle tecniche di mobilitazione delle cellule staminali per trapianti, concentrando queste terapie ad orari in cui, grazie alla conoscenza delle variazioni circadiane della responsività delle cellule staminali ematopoietiche, risulteranno ottimali .

  • Luca Moleri

    Luca Moleri è nato a Sesto San Giovanni (Mi) il 25 novembre 1987. Nell’aprile 2010 ha conseguito a pieni voti la laurea triennale in Fisica presso l’Università degli Studi di Milano con una tesi sul fenomeno del seeing atmosferico. E’ attualmente iscritto al corso di laurea magistrale in fisica presso la stessa università. Nel novembre 2011 ha vinto una borsa di studio “Sergio Lombroso” per recarsi presso il Weizmann Institute come visiting student, ospitato dal prof. Amos Breskin del Dipartimento di Fisica Particellare.

    Progetto di Ricerca

    Dato il notevole avanzamento dei metodi di terapia dei tumori, in particolare dei trattamenti di radioterapia, è ora di fondamentale importanza lo sviluppo di tecniche che permettano di riconoscere con sempre maggiore precisione l’insorgere di masse tumorali, anche di dimensioni molto piccole, prima che la loro presenza si manifesti a livello fisiologico.
    La guarigione del paziente è infatti più probabile se il tumore viene attaccato nei suoi stadi iniziali.
    In questo contesto, i rivelatori di fotoni e particelle basati su configurazione THGEM (Thick Gas Electron Multiplier) promettono di incrementare notevolmente la capacità diagnostica di tutte le strumentazioni ospedaliere basate su imaging (creazione di una immagine), come quelle comunemente utilizzate.
    I THGEM sono rivelatori a fase gassosa sviluppati nello scorso decennio al Weizmann Institute of Science.
    Passando in un volume riempito di gas, le particelle “strappano” degli elettroni dalle sue molecole. Questi primi eventi di ionizzazione sono tipicamente seguiti da una fase di amplificazione, ovvero: una cascata di ionizzazioni secondarie portano ad avere un segnale elettrico misurabile.
    Caratteristiche fondamentali dei THGEM sono la loro ottima risoluzione spaziale, cioè la capacità di distinguere oggetti molto piccoli, e la possibilità di produrre immagini più grandi di quelle attualmente ottenute (30cmx30cm contro i 10cmx10cm attuali). La semplicità, robustezza ed economicità dello strumento, lo rende inoltre producibile su larga scala.
    Uno dei problemi che rimangono irrisolti nello sviluppo dei THGEM è quello delle scariche elettriche che possono danneggiare irrimediabilmente lo strumento.
    Una soluzione promettente è quella che prevede l’impiego di materiali resistivi nella struttura di rivelazione e lettura del segnale.
    Il progetto proposto si concentrerà sullo studio di queste strutture resistive nei sistemi a configurazione THGEM. Esso coinvolgerà un ampio lavoro di laboratorio, accompagnato da accurate simulazioni ed analisi.

  • Ludovico Sepe

    Ludovico Sepe è nato a Roma il 1/1/1988. Dopo un semestre di lavoro in laboratorio all’Univeristà di Copenhagen ha ottenuto la laurea in Biotecnologie presso l’Università La Sapienza con il voto di 30/30 e lode con tesi dal titolo “Study of Translation Termination in Escherichia colimutant prfBE172K”.  Nel settembre 2010 si è iscritto al corso di laurea magistrale in Biotecnologie Genomiche e nel giugno 2011 ha vinto la borsa di studio Sergio Lombroso volta allo svolgimento della tesi sperimentale nel dipartimento di Genetica Molecolare, sotto la superviosione del Prof. Chaim Kahana

    Progetto di Ricerca

    Il fattore eucariotico di inizio di traduzione 5A (eIF5A) è una proteina altamente conservata tra le specie. In origine era stato identificato come fattore di inizio di traduzione, studi successivi hanno messo in discussione questo ruolo teorizzando una partecipazione nel trasporto nucleare della proteina Rev di HIV-1, nella degradazione mRNA, o nel controllo del ciclo cellulare. Questi potrebbero però essere ruoli secondari in quanto recenti osservazioni ne hanno rivelato un possibile coinvolgimento nell’elongazione traduzionale.

    eIF5A è l’unica proteina soggetta ad ipusinazione: una modificazione post-traduzionale che consiste nel trasferimento all’ε-amino gruppo di una lisina, di un gruppo aminobutilico proveniente dalla poliamina spermidina. La formazione di tale legame è catalizzata dagli enzimi deossiipusina sintasi (DHPS) e deossiipusina idrossilasi (DOHH) . Solo dopo l’ipusinazione eIF5A è capace di legare il ribosoma svolgendo la sua attività.

    Le poliamine sono piccole molecole policationiche indispensabili per la vita: legano il DNA stabilizzandone la struttura, legano la membrana cellulare e la poliamina spermidina serve da substrato per l’ipusinazione di eIF5A. L’enzima chiave per la sintesi della spermidina è l’ornitina decarbossilasi (ODC).

    Nei vertebrati esistono due geni che codificano per due isoforme di eIF5A: eIF5A-1 e eIF5A-2, che nell’uomo sono identiche per l’84%. L’mRNA per eIF5A-1 (1.3kb) codifica per una proteina di 18kDa ed è espresso in maniera costitutiva in tutti i tipi cellulari. L’mRNA per eIF5A-2 (0.7-5.6kb) codifica per una proteina di 20kDa ed è normalmente espresso in maniera tessuto specifica nel testicolo e in alcune cellule del cervello; nonostante ciò la proteina non viene tradotta. Tuttavia in diverse linee cellulari tumorali è possibile osservare alti livelli di trascritto eIF5A-2 e la traduzione della relativa proteina, pur non essendo questa generalmente associata a cellule tumorali. L’overespressione di eIF5A-2 è in oltre in grado di trasformare la linea cellulare stabile NIH3T3 e le cellule umane di fegato.

     

    Il progetto aiuterà a chiarire il rapporto tra eIF5A e livelli di poliamine (l’attività di eIF5A è direttamente proporzionale alla concentrazione intracellulare di poliamine?), inoltre sarà interessante osservare quanto eIF5A-1 e eIF5A2 influiscano sulla replicazione e se la loro overespressione in topi nudi sia in grado di dare luogo a un tumore. Ciò aiuterà a comprendere le differenze tra eIF5A-1 e eIF5A-2