Giuseppe Lonetto

Giuseppe Lonetto è nato a Catanzaro (Cz) il 24 settembre 1985. Ha conseguito la laurea Specialistica in Biotecnologie Mediche nel settembre 2009 presso l’Università degli Studi di Firenze. Nell’aprile 2013 ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in “Fisiopatologia Clinica e dell’Invecchiamento” presso la medesima Università, discutendo una tesi dal titolo “Notch Signaling Modulates Hypoxia-Induced Neuroendocrine Differentiation and Proliferation of Human Prostate Cancer Cells”. Nel giugno 2013 vince una borsa Post-Doc “Sergio Lombroso” presso il Weizmann Institute of Science.

 

Progetto di Ricerca

Giuseppe Lonetto svolge il suo progetto di ricerca nel Laboratorio della Prof.ssa Varda Rotter del Dipartimento di Biologia Molecolare, il cui principale interesse è lo studio della funzione dell’oncosoppressore p53. Giuseppe descrive così il suo progetto di ricerca: “La proteina p53 è classicamente definita come il guardiano del genoma. Una revisione in chiave moderna però, ne estende le sue funzioni ad una vera e propria barriera anti-cancro. Essa risulta essere mutata o inattiva in quasi la metà di tutte le neoplasie umane, e dati sperimentali indicano che in tale stato possa, inoltre, favorire la chemioresistenza. Una sua alterazione può diventare, pertanto, anche una barriera a livello terapeutico. Studi molto recenti inquadrano p53 come un regolatore centrale del differenziamento cellulare. Nelle cellule ben differenziate infatti, p53 esercita un ruolo di mantenimento di tale stato. In alcuni tumori invece, in un contesto di instabilità genomica, può accadere che mutazioni ne alterino il controllo inducendo un drammatico processo di de-differenziazione che può portare alla formazione di “cellule staminali tumorali”, responsabili del mantenimento e della metastatizzazione dei tumori. Diversamente, la scoperta molto recente di un protocollo in grado di de-differenziare in maniera controllata le cellule somatiche in vitro, ha avuto un enorme impatto nella comunità scientifica. Riprogrammare cellule somatiche differenziate in cellule con caratteristiche “staminali” (iPSC), infatti, non solo supera le questioni etiche connesse all’utilizzo degli embrioni, ma amplia anche enormemente il panorama delle possibilità terapeutiche. In questo contesto, sembra sempre più chiaro come p53 giochi un ruolo chiave nel determinare il destino delle iPSC. Diversamente dal modello classico di inattivazione delle proteine definite “oncosoppressori”, le forme mutate di p53 possono subire una profonda alterazione che le porta ad acquisire funzioni nuove ed inaspettate, non canoniche, che in via definitiva possono promuovere la carcinogenesi. Il laboratorio coordinato dalla Prof.ssa Rotter e’ da sempre impegnato nell’individuazione e caratterizzazioni di tali funzioni aberranti sia nel campo delle cellule staminali, che in quello dell’oncologia. In tal senso, attraverso il mio studio cerchero’ di caratterizzare nuovi meccanismi attraverso i quali p53 regola il processo di riprogrammazione analizzando il metabolismo cellulare, in particolare il rapporto fra questo e le forme mutate di p53. Valutero’ inoltre il processo di riprogrammazione in presenza di agenti tossici dannosi per il DNA, come le radiazioni ionizzanti ed il fumo di sigaretta (indice, quest’ultimo, di uno specifico stile di vita). In questo contesto cerchero’ dunque di determinare il ruolo di p53 nella regolazione della “qualità” delle iPSC in funzione del loro potenziale rigenerativo e del rischio di formare tumori una volta iniettate negli organismi. Quest’ultimo rischio risulta inaccettabile se si pensa al fine terapeutico di tale tecnologia.